[DivX-Ita Mp3 Eng Ac3-sub] Paris, Texas (1984, Wenders) [tntvillage.org]

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Description





Paris, Texas

di Wim Wenders, 1984



Rating IMDB: 7.8/10

Un film di Wim Wenders. Con Nastassja Kinski, Dean Stockwell, Harry Dean Stanton. Genere Drammatico, colore, 150 minuti. Produzione USA 1984.



Tra autostrade desolate nel deserto, motel e cafeteries un uomo ricostruisce il rapporto col figlioletto, ma poi, affidatolo alla madre dalla quale s'era separato quattro anni prima, ricomincia il suo vagabondare. 2° film americano di Wenders, è un altro atto d'amore per “il paese che ha colonizzato il nostro inconscio”. Scritto da Sam Shepard, in bilico tra road movie e family movie, tra narcisismo e virtuosismo, riprende la consueta tematica di Wenders con un'ombra di manierismo. Bella colonna musicale (chitarra, pianoforte) di Ry Cooder. Sopravvalutato. Palma d'oro a Cannes.



Recensioni (!!contengono trama completa!!)

• È il film che vinse la «Palma d'oro» all'ultimo festival di Cannes appaiando i battimani dei cinéphiles per i quali il tedesco Wim Wenders merita la gloria degli altari e gli applausi della grande platea conquistata da ogni burrascosa storia coniugale che ha per vittima un bimbetto. L'accoppiata tra i due tipi di pubblico ci lasciò a Cannes un po' perplessi, sembrandoci il frutto di una politica del doppio binario in cui si manifesta l’hollywoodizzazione d'uno dei maggior registi tedeschi, ma il film ha notevole importanza anche per il buon livello su cui tale politica si assesta. Appunto perché documenta la conversione al cinema narrativo, spettacolare, sentimentale, d'un autore sinora più celebrato per i suoi severi valori formali e la sua malinconia intellettuale che per la sua accondiscendenza ai gusti romanzeschi. E perché dice, dopo Lo stato delle cose, come l'esigenza di «raccontare una storia», anziché quasi soltanto uno stato d'animo o una situazione, si sia fatta strada anche nel cinema che sembrava più introverso. Si debba parlare di «riflusso» o di riscoperta del piacere di narrare, resta infatti che Paris, Texas realizza un perfetto connubio fra il cinema on the road, solitamente sovraccaricato di simboli esistenziali, e il cinema sulla famiglia tanto di moda, vale a dire fra il mito del nomadismo e quello del focolare.

Valendosi d'un copione scritto dal commediografo e attore americano Sani Shepard, il film racconta di Travis, un vagabondo che dopo aver passato quattro anni in Messico ed essere stato creduto morto, torna negli Stati Uniti malconcio e smemorato. Giacché la moglie Jane ha abbandonato il loro figlioletto Hunter agli zii, è il fratello di Travis che accoglie il redivivo. Non è stato facile restituirgli il senso della realtà quotidiana, perché a lungo l'uomo è rimasto chiuso nel suo mutismo ed è sembrato posseduto da misteriose paure, ma finalmente Travis ricomincia a parlare, si guadagna la fiducia del bambino, e insieme a lui va in cerca di Jane. Si direbbe che confidi nel sogno di rimettere su famiglia nella cittadina di Paris, nel Texas, dove comprò un terreno (la stessa in cui i suoi genitori lo concepirono). A Houston, dove ha rintracciato la moglie, lo aspetta invece una delusione: Jane prostituisce la propria immagine in una specie di bordello dove i clienti possono guardare e parlare per telefono ma devono star fermi con le mani perché un doppio specchio li separa dalle donne. $ in quella sorta di cabina per inibiti che hanno luogo due lunghi colloqui fra Jane e Travis, nel corso dei quali l'uomo addebita alla propria eccessiva gelosia le colpe della moglie, che a sua volta gli confida il proprio amore e i propri smarrimenti. Finché Travis lascia alla donna redenta dalle lacrime il piccolo Hunter e s'avvia verso l'ignoto da cui è venuto. Ricongiungendo madre e figlio, ci spiega Wenders, ha compiuto un gesto eroico, ispirato dal vero amore e non dalla possessività...

A nostro avviso la storia non sfugge alla retorica (compresa quella inerente alla difficoltà di comunicare, di reggere la realtà, di accettarsi, metaforizzata dall'immagine di un'America tutta percorsa dal motivo della separazione), ma lo stile di Wenders la rende suggestiva, soprattutto nella prima metà. Pur allentando il rigore che fece la grandezza dello Stato delle cose, Wenders resta un autore coi fiocchi. Usando con bravura un attore (Harry Dean Stanton) che non aveva mai avuto ruoli da protagonista in quasi trent'anni di professione, e mettendogli accanto la sin troppo reclamizzata ma sensibile Nastasia Kinski (vanno anche ricordati il bambino Hunter Carson e Aurore Clément nel ruolo della zia), Wenders firma un'opera costruita abilmente, dove il lamento sugli affetti domestici spezzati si combina con la suspense mentre il gemito della chitarra di Ry Cooder fa molta nostalgia e la fotografia di Robby Müller dà grande respiro ai bellissimi paesaggi.

Il film ci tocca soprattutto nei momenti sospesi, nei silenzi, negli immensi panorami carichi d'una memoria da ritrovare e da contrapporre alle realtà del mondo civilizzato. Potremmo anche dire che il cineasta Wim Wenders sia andato alla ricerca, come Travis, del proprio passato, e lo abbia riconosciuto nel cinema classico. E tuttavia, negando il più ovvio lieto fine, si riservi di tornare in Germania con un'ancora più amara malinconia. Staremo a vedere.

Giovanni Grazzini (Il Corriere della Sera), 7 dicembre 1984







• Un uomo sudicio, poveramente vestito, cammina come un sonnambulo nel deserto texano sotto un sole cocente, finché non crolla. Travis (questo è il suo nome) è portato in ospedale. Il fratello Walt, che vive a Los Angeles e già alleva suo figlio Hunter, accorre e Io porta a casa. In compagnia di Hunter Travis riparte alla ricerca della donna che li ha abbandonati in passato, e la trova in un peepshow di Houston. Al termine di una lunga conversazione, ella accetterà di tenere il figlio con sé, mentre Travis riparte verso la sua solitudine. Tutta l’opera del tedesco Wim Wenders (nato nel 1945) è sotto il segno del vagabondaggio. Nutrito di cultura europea e di cinema classico hollywoodiano, ha seguito un itinerario a zigzag pescando la sua ispirazione in automi diversissimi tra loro come Peter Handke e Nathaniel Hawthorne, Goethe e Patricia Highsmith, prima di trovare un attracco provvisorio nell’ambiente americano, da cui, peraltro, sempre è stato affascinato. Ciò a cui sembra tendere è l’instaurazione di un cinema « senza storia», a metà strada tra Godard e Ozu, che «lasci infine apparire le cose così come sono». Lo stato delle cose (1981) è molto rappresentativo di questa forma di oggettività non priva di freddezza. Ma Wenders è anche capace di commozione, e lo ha dimostrato filmando la dolorosa agonia del suo amico Nicholas Ray, nello sconvolgente Nick’s Movie (1980). Questo viaggiatore senza bagaglio, questo moderno girovago del mondo occidentale alla conquista di un oscuro e inafferrabile Graal, ha realizzato con Paris, Texas (il titolo indica una sperduta località del Sud degli Stati Uniti), una specie di western immobile, senza diligenza, senza sceriffo, senza indiani, un viaggio al termine del deserto che ha come guida un Ulisse muto o taciturno. Ne restano nella mente immagini di aride distese, di motel, di strade senza fine, ma con un finale punto d’arrivo aleatorio nella ricerca di un’unità perduta. Nell’azzurro si diffondono pochi lancinanti accordi di chitarra… All’arrivo l’eroe potrà a malapena comunicare con la donna attraverso un vetro. E chissà se Wenders ci farà mai passare dall’altra parte dello specchio!

Claude Beylie (I capolavori del cinema, Vallardi, Milano, 1990)







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All Comments

great quality, dual audio (italian/english)... classic wim wenders!
2013-09-30 23:05
Ottimo ottimo
v9 audio in inglese