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Description
Israele 2007 Regia: Etgar Keret, Shira Geffen Durata: 78 minuti
"Meduse" è una canoa fiabesca che viaggia senza remi nei canali dell'emozione, una poesia contenuta nella bottiglia di vetro della passione gettata in mare per essere poi raccolta, a riva, dallo spettatore. Piangere di gioia, essere presi a schiaffi da una leggera onda lirica che cresce fino a divenire impetuosa. "Meduse" è ricerca artistica antiscientifica (di geometrie non rettilinee) che indugia tra i gemiti e le urla del quotidiano, che palpa il cuore parlando dell' "impalpabile". Uno di quei concerti suonati mestamente, quasi silenziosamente (c'è molto più amore e voglia di esprimere che non pericolosa ambizione) che colpisce per la sua intrigante semplicità. Il passato nel presente attraverso i sorrisi e gli sguardi di una bambina venuta, sospinta dalle onde della memoria, dal mare. Ed è proprio grazie al mare che si compie e si chiude tutto, il mare è il Virgilio che ci accompagna all'interno di questo mondo. Ci sono maestosi "quadri viventi" (la cascata che si trasforma in dipinto è un'intuizione immaginifica a dir poco geniale) che accarezzano gli occhi. Ci sono speranze soffocate e singhiozzanti. Ci sono infine i sogni che si mescolano alla vita a tal punto da divenirne parte integrante. Se il sogno entra nel labirinto della vita senza trovare uscita, l' "interno" (le emozioni più intime e profonde) avvolge l' "esterno" come un salvagente (lo stesso salvagente dal quale la bimba venuta dal mare non riesce a separarsi). Ci sono varie storie: quella della "filippina" in cui troviamo la devastante forza dell'umanità e del "contatto" (l'annullamento delle repulsioni) e la riscoperta del rapporto intimo (accorciamento delle distanze), quella di una luna di miele amara all'insegna della scoperta del potere della parola ("Dostoiefzki"! dice l'amante) e del cambiamento (ed è proprio sul continuo cambiamento di stanze in un hotel che si fonda questa sottovicenda), quella di una figlia che si riscopre madre di se stessa e figlia del mare (cercando un padre non può che trovarlo "nell'uomo dei gelati"). Si incollano gli snodi delle varie sottotrame con le parole di una poesia, si proietta il passato nel presente attraverso il sapiente utilizzo di "filmini" (tipo quelli della cresima... ricordi che spesso ingiustamente crediamo insignificanti, sono invece delle vere "testimonianze", frammenti di umanità ripresi dall'esitante mano dell'emozione) e metafore "marine". Si intonano i ricordi e li si lanciano come acuti assordanti, si denudano i personaggi senza prendersi la briga di rivestirli. "Meduse" è una culla nella quale vale la pena addormentarsi e sognare, nonostante i suoi tentacoli si stringano intorno al cuore (ve lo assicuro, brucia assai). Camera d'Or all'ultimo festival di Cannes, esordio della coppia Keret-Geffen che ha dell'incredibile (si parte con un pianosequenza e si continua con una ricerca meticolosa del "taglio" registico). [otto] Sharing WidgetTrailer |
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