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Description
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GOOD JOB :) TRAMA----------------------------------------- A quasi cinquant'anni Danielle passa le sue giornate in un silenzio inviolabile nella clinica dove è stata ricoverata - dalla figlia Sophie - dopo il terzo tentativo di suicidio. La psicologa che l'ha in cura cerca di spingerla a comunicare e la esorta a mettere per iscritto i suoi pensieri. Dal diario disperato della donna emerge che ha vissuto una vita nell'indifferenza, alternando sensazioni di disgusto al senso di colpa. È un tema scomodo quello affrontato da Alessandro Capone. "Perché una donna, che ha partorito come una cagna, non può liberarsi del suo piccolo se ne prova fastidio, eliminandolo o divorandolo?" si chiede Danielle tra le mura spoglie della sua cella. Esistono madri che arrivano a odiare i loro figli, ma nessuno ne parla o ne vuole parlare. Con un piglio autorale il regista romano, noto più per le sue fiction poliziesche che per i suoi drammi teatrali, esplora l'universo femminile e nello specifico quello materno, provocando profonde riflessioni. Spietato nell'elaborazione della problematica psicotica (Danielle) e altrettanto rigido nel mettere in scena l'amore/odio filiale (Sophia), Capone fa leva solo sulla figura della dottoressa Nielsen (interpretata con diligenza da Greta Scacchi) per dare un tocco di morbidezza alla tragicità della trama. È un vero triangolo drammatico quello messo in atto da madre e figlia, che si susseguono nel ruolo di Vittima, Persecutore e Salvatore. I volti di Isabelle Huppert e Mélanie Laurent rispondono alla perfezione al copione evidenziato da Stephen Karpman. Il primo è supponente, misurato, distrutto dal dramma di essere madre suo malgrado, quello della Laurent è distaccato e inespressivo di fronte alla genitrice e all'analista, ma caldo e affettuoso nei confronti della figlia avuta giovanissima. Se Sophia si è liberata del copione malato, Danielle non riesce a vivere senza, la sua autodistruzione è consapevole e per questo premeditata. La gabbia che si è creata la sopraffà e l'uso sapiente della macchina da presa non fa che sottolineare il vuoto interiore della donna, con gli ambienti spogli, antisettici e impersonali della clinica dove Danielle trova riparo dal mondo. L'amour caché è un film che solleva tante domande ma dà poche risposte, lasciando che sia il finale a offrire una parvenza di respiro dall'immersione in un universo (femminile) tragico e devastante. Sharing Widget |