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Description

ALICE
(Něco z Alenky, 1988)


A film by JAN ŠVANKMAJER


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Chi non conosce la storia di Alice nel Paese delle Meraviglie e del suo seguito, Dietro lo specchio? E' probabile che, a grandi linee, un po' tutti se la ricordino, non foss'altro per averla vista nella versione Disney...
Bene, adesso provate un attimo a cancellarvi dalla mente tutto quanto e tentate di pensare a questo: c'era una volta una bella bambina bionda molto annoiata, che una sera vede un coniglio impagliato in una teca di vetro prendere vita improvvisamente, liberarsi dai legacci, controllare l'orologio da taschino e... ficcarsi dentro a un cassetto nascosto sul fondo del contenitore! La bimba, in qualche modo, riesce a seguirlo, precipitando in un mondo che è forse più un incubo che un sogno, più un museo degli orrori che un paese delle meraviglie. Oggetti reali che prendono vita e si tramutano in inquietanti presenze, spazio e tempo che si annullano e si ripiegano su sé stessi... Poi alla fine, grazie al cielo, tutto ha un termine, come dopo un risveglio... Sogno? Realtà? Fantasia? Allucinazione? Ma, soprattutto, che folle, destabilizzante, inquietante e incredibile film abbiamo visto? Alice, il primo, geniale lungometraggio di Jan Švankmajer. Anzi, per la precisione Něco z Alenky, "qualcosa di Alice"... Perché tutto non ce l'avremmo mai fatta a reggerlo!

Alice is a 1988 Czechoslovak film directed by Jan Švankmajer. Its original Czech title is Něco z Alenky, which means "Something from Alice". It is a free adaptation of Lewis Carroll's first Alice book, Alice's Adventures in Wonderland, about a girl who follows a white rabbit into a bizarre fantasy land. Alice is played by Kristýna Kohoutová. The film combines live action with stop motion animation, and is distinguished by its dark and uncompromising production design.
After more than two decades as a prolific director of short films, Alice became Švankmajer's first venture into feature-length filmmaking. The director had been disappointed by other adaptations of Carroll's book, which interpret it as a fairy tale. His aim was instead to make the story play out like an amoral dream. The film won the feature film award at the 1989 Annecy International Animated Film Festival.












Il film - The movie



Něco z Alenky è il primo lungometraggio realizzato da Jan Švankmajer, il geniale artista d'origine cecoslovacca considerato uno dei maggiori registi viventi, oltre che un maestro indiscusso nell'arte dell'animazione.
Se qualcuno ha in mente l'Alice di Disney o di Burton, per favore se le scordi. Se ha in mente i due libri di Lewis Carroll, ne resusciti le parti più inquietanti. Così non resterà troppo sorpreso da questa pellicola che, a detta dello stesso regista, può reggere qualsiasi interpretazione lo spettatore proponga, in quanto - sempre secondo Švankmajer - il processo creativo non termina con la conclusione dell'opera, ma prosegue nella mente di chi la guarda.

Che suggestioni fornire, quindi, per un lungometraggio d'animazione che le avalla tutte? Potrebbe comunque essere interessante suggerire almeno un approfondimento. Mi sembra infatti che Švankmajer mescoli Carroll con uno degli scrittori che maggiormente lo hanno ispirato (che hanno ispirato Švankmajer, non Lewis Carroll!): il Marchese De Sade. Non perché l'Alice del regista cecoslovacco sia particolarmente licenziosa, al contrario, ma perché controlla il mondo e l'esperienza immaginativa attraverso la narrazione. Il suo è un De Sade/Carroll riletto da Roland Barthes. Se racconto, controllo. Se narro, dòmino la situazione. La realtà diventa controllabile soltanto quando è filtrata attraverso il linguaggio, insomma. In De Sade narrare l'aberrazione è un modo per controllarla, per razionalizzare l'impulso primordiale e la libertà sfrenata. Qui succede la medesima cosa: la fantasia si domina attraverso la sua narrazione. Anzi, si potrebbe dire che proprio come in De Sade il linguaggio stesso sia un altro nome per immaginazione.

Ma quale situazione deve davvero dominare la piccola Alice? Quella di un rapporto con un mondo (interiore? Onirico? Fantastico?) in cui le categorie kantiane del tempo e dello spazio sono stravolte. Il tempo ripete se stesso, ciò che è grande diventa piccolo e viceversa, i rapporti con gli oggetti sono modificati ontologicamente, in quanto ognuno di essi recupera (acquista? Rivela?) una natura diversa e propria... In questo universo in cui tutto appare illogicamente indomabile, Alice percorre il suo percorso verso la riconquista del potere sulle cose e sulla mente, fino a diventare vincitrice e padrona dell'immaginazione stessa, inglobandola in una visione più ampia del suo quotidiano. Il "pedone" Alice, insomma, proprio come nel libro diventa regina e come tale conquista il dominio sulla sua realtà oggettiva e su quella soggettiva. Acquista insomma il potere (di vita e di morte, come rivela secca la frase che la bimba pronuncia a chiusa del film), ma soltanto attraverso la narrazione e la ripetizione, un po' come nelle 120 giornate di Sodoma... Preparatevi quindi per le inquietanti 120 giornate di Alice! E ricordate, come dice la biondina durante i titoli di testa, che "dovete chiudere gli occhi, altrimenti non vedrete niente"!

Jan Švankmajer, who had been making short films since the mid 1960s, says he got the confidence to make a feature-length film due to finishing the shorts Jabberwocky and Down to the Cellar. He described Lewis Carroll's Alice's Adventures in Wonderland, a work which had followed him since he was a child, as "one of the most important and amazing books produced by this civilisation."[1] He argued that other film adaptations of the story had interpret it as a fairy tale, but that Carroll had written it like a dream, and that was what he wanted to transmit: "While a fairy tale has got an educational aspect – it works with the moral of the lifted forefinger (good overcomes evil), dream, as an expression of our unconscious, uncompromisingly pursues the realisation of our most secret wishes without considering rational and moral inhibitions, because it is driven by the principle of pleasure. My Alice is a realised dream."



Jan Švankmajer


Jan Švankmajer (Praga, 4 settembre 1934) è un regista e sceneggiatore ceco.

È un artista surrealista noto soprattutto per le sue opere d'animazione, che hanno ispirato artisti come Tim Burton, Terry Gilliam, i fratelli Quay e molti altri. In Italia è poco conosciuto poiché i suoi film non sono distribuiti né in pellicola, né in videocassetta, né in dvd.

«Il mondo si divide in due categorie di diversa ampiezza... quelli che non hanno mai sentito parlare di
Jan Švankmajer e quelli che hanno visto i suoi lavori e sanno di essersi trovati faccia a faccia con un genio».

(Anthony Lane - "The New Yorker")


Ha studiato all'Accademia delle belle Arti praghese specializzandosi in rappresentazioni con i burattini, regia e scenografia. Ha esordito nel cinema nel 1964 con il corto "Posledni trik pana Schwarzewaldea a pana Edgara" (The Last Trick). Durante la Primavera di Praga dirige quattro film che segnano il suo passaggio dal surrealismo al manierismo. Nel 1987 gira il suo primo lungometraggio, "Neco z Alenky" (Alice), presentato al Festival di Berlino. Del 1993 è il suo secondo film, "Lekce Faust" (Faust), presentato a Cannes e seguito nel 1996 da "Spiklenci slasti" (Conspirators of Pleasure).

Švankmajer si è guadagnato la sua reputazione dopo diversi decenni di lavoro e grazie alla sua tecnica peculiare dello stop-motion e per la capacità di creare immagini surreali, da incubo, e tuttavia in qualche modo buffe. Fino al 2005 è stato impegnato a Praga con la realizzazione di un nuovo film horror, Šílení, ispirato ai racconti di Edgar Allan Poe e del Marchese de Sade, la cui influenza era presente anche in molti suoi lavori passati.

Le caratteristiche dei film di Švankmajer sono:

* suoni esasperati, e che creano sempre un effetto assai strano, in tutte le scene in cui qualcuno si ciba;
* sequenze molto accelerate quando le persone camminano o interagiscono tra loro;
* oggetti inanimati che prendono improvvisamente vita attraverso la stop-motion.

Il cibo è uno dei temi e degli elementi che preferisce e la stop-motion è presente in tutti i suoi film, nonostante nei lungometraggi siano incluse anche scene dal vivo più o meno lunghe.

Molti suoi film, come il cortometraggio Down to the Cellar, sono girati con una prospettiva infantile, e, allo stesso tempo, svelano una natura aggressiva e disturbante.

Oggi è celebrato come uno dei più grandi animatori al mondo. I suoi lavori più famosi sono probabilmente i lungometraggi Alice, del 1988, Faust, del 1994, Conspirators of Pleasure, del 1996, e Otesánek, del 2000. Altrettanto conosciuto (ed imitato) è il corto Dimension of Dialogue (1982), che mostra teste simili a quelle di Arcimboldo che si riducono l'una l'altra fino a diventare tutte uguali ("exhaustive discussion"), un uomo e una donna d'argilla che si dissolvono sessualmente l'uno dentro l'altro, poi litigano e si riducono a una frenetica poltiglia bollente ("passionate discourse"); e due teste di argilla più anziane che tirano fuori vari oggetti dalle loro lingue (spazzolini e dentifrici, scarpe e lacci, ecc.) e li usano in ogni combinazione possibile, sensata o meno ("factual conversation").

Fu sposato con Eva Švankmajerová una pittrice surrealista, ceramista e scrittrice di fama internazionale, fino alla morte di lei, nel 2005. La Švankmajerová prese parte a molti suoi film, tra i quali Faust, Otésanek e Alice.

Jan Švankmajer (Czech pronunciation: [ˈjan ˈʃvaŋkmajɛr]; born 4 September 1934) is a Czech filmmaker and artist whose work spans several media. He is a self-labeled surrealist known for his surreal animations and features, which have greatly influenced other artists such as Tim Burton, Terry Gilliam, the Brothers Quay, and many others.
Jan Švankmajer was born in Prague. An early influence on his later artistic development was a puppet theatre he was given for Christmas as a child. He studied at the College of Applied Arts in Prague and later in the Department of Puppetry at the Prague Academy of Performing Arts. He contributed to Emil Radok's film Doktor Faust in 1958 and then began working for Prague's Semafor Theatre where he founded the Theatre of Masks. He then moved on to the Laterna Magika multimedia theatre, where he renewed his association with Radok. This theatrical experience is reflected in Švankmajer's first film The Last Trick, which was released in 1964. Under the influence of theoretician Vratislav Effenberger Švankmajer moved from the mannerism of his early work to classic surrealism, first manifested in his film The Garden (1968), and joined the Czechoslovakian Surrealist Group.[2]
He was married to Eva Švankmajerová, an internationally known surrealist painter, ceramicist, and writer until her death in October 2005. Švankmajerová collaborated on several of her husband's movies, including Alice, Faust, and Otesánek. They had two children, Veronika (b. 1963) and Václav (b. 1975, an animator).
Švankmajer has gained a reputation over several decades for his distinctive use of stop-motion technique, and his ability to make surreal, nightmarish, and yet somehow funny pictures. He continues to make films in Prague.
Švankmajer's trademarks include very exaggerated sounds, often creating a very strange effect in all eating scenes. He often uses fast-motion sequences when people walk or interact. His movies often involve inanimate objects being brought to life through stop-motion. Many of his films also include clay objects in stop-motion, otherwise known as clay animation. Food is a favourite subject and medium.
Stop-motion features in most of his work, though recently his feature films have included much more live action sequences than animation.
Many of his movies, like the short film Down to the Cellar, are made from a child's perspective, while at the same time often having a truly disturbing and even aggressive nature. In 1972 the communist authorities banned him from making films, and many of his later films were suppressed. He was almost unknown in the West until the early 1980s.
Thoroughfare in Knovíz, Kladno District, Czech Republic. The former cinema building on the right: Jan Švankmajer's studio
Today Švankmajer is one of the most celebrated animators in the world. Among his best known works are the feature films Alice (1988), Faust (1994), Conspirators of Pleasure (1996), Little Otik (2000) and Lunacy (2005), a surreal comic horror based on two works of Edgar Allan Poe and the life of Marquis de Sade. The two stories by Poe, "The System of Doctor Tarr and Professor Fether" and "The Premature Burial", provide Lunacy its thematic focus, whereas the life of Marquis de Sade provides the film's blasphemy. Also famous (and much imitated) is the short Dimensions of Dialogue (1982), selected by Terry Gilliam as one of the ten best animated films of all time.[3] His films have been called "as emotionally haunting as Kafka's stories.[4] His latest film is Surviving Life from 2010.
His next project is called Insects (Hmyz).[5] It has a projected budget of 40 million CZK and a preliminary release set to 2015. The film will be based on the play Pictures from the Insects' Life by Karel Čapek, which Švankmajer describes as following: "This Čapek´s play is a very misanthropic, and I always liked it — bugs behave as a human beings, and people behave as insects. It also reminds one a lot of Franz Kafka and his famous Metamorphosis."






[CODE]
*** MediaInfo Mac // Plain text file report
2011-07-19 18:16:25 +0200
Information for File: Neco z Alenky (1988).avi

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excellent quality, no need for english subs (though they're included) as this an overdubbed english version. an amazing film...
2013-07-13 19:49